Cantare la Liturgia in modo nuovo

Faccio sommessamente parte dei cantori del coro della prima Messa della domenica del mio paese. Poiché si era parlato di quali canti scegliere, ho riflettuto sul canto liturgico.

C’è chi vuole fare qualche canto nuovo, per ammodernare un po’ il repertorio e per attirare i giovani.

Mi sono posta quindi due domande: E’ necessario ammodernare il repertorio? I giovani vengono attirati dai canti più nuovi?

Mi è venuto in mente un parallelo con l’iconografia.

Ormai sono diversi anni che mi dedico alle icone e osservo spesso che tra coloro che iniziano a dipingerle c’è qualcuno che si immagina che farà qualcosa di nuovo e di originale.

Le icone hanno una storia millenaria e le immagini sono il frutto di secoli di aggiustamenti nel rispetto delle Scritture, della Liturgia e della Tradizione.

Chi si è avvicinato da poco all’iconografia non conosce ancora il linguaggio iconografico e quindi, se tenta di fare qualcosa di nuovo, è quasi certo che farà qualche sciocchezza.

Le novità vanno studiate con cura e non significa che se altri le fanno, siano corrette.

Ad esempio, in diversi negozi di articoli religiosi vendono le “icone” della Santa Famiglia errate, cioè con Giuseppe che mette la mano sulla spalla a Maria. Chi conosce il linguaggio delle icone sa che è un errore grave.

Mentre nelle altre immagini religiose le regole sono diverse e meno rigide quindi Maria e Giuseppe possono essere rappresentati vicini.

Nello stesso modo, non tutta la musica religiosa è adatta per la Santa Messa. Visto che la musica che accompagna il rito religioso deve, appunto, accompagnare questo incontro col Signore, non può essere una musica non adeguata.

E come per le icone ci affidiamo ai maestri, che ne sanno più di noi, anche per la musica liturgica dobbiamo affidarci a chi ne sa più di noi, cantando con impegno ciò che ci viene proposto.

Dovremmo ascoltare con una nuova attenzione i canti: io ho sempre trovato “vecchio” O Sacro Convito, perché era uno dei canti che sentivo cantare dalle vecchiette; però, quando l’ho ascoltato suonato dal nostro bravo organista, l’ho riscoperto molto bello e rileggendo le parole le ho trovate significative.

Come le icone sono senza tempo, anche i canti che contengono dei vocaboli desueti o i canti in latino sono senza tempo e possono quindi accompagnare efficacemente la Liturgia.

A scuola si studiano testi scritti secoli fa per cui i vocaboli desueti non sono certo un ostacolo, anzi forse sono uno stimolo di riflessione. Io penso che i giovani cerchino in chiesa qualcosa che si può sentire solo in chiesa: le altre musiche le ascoltano già fuori.

Durante questa riflessione, mi è tornato alla mente un brano (che mi piace molto) del libro “Il senso delle icone”, di Leonid Uspenskij e Vladimir Losskij:
Il lavoro dell’iconografo ha molti punti in comune con quello di colui che celebra la liturgia. […] Ma, proprio come il celebrante officia conformemente al suo talento naturale e alla sua personalità, anche l’iconografo traduce l’immagine a seconda del suo carattere, dalle sue capacità e della sua esperienza tecnica.
La pittura di icone non può dunque in alcun modo essere considerata attività di copiatura. Essa non è affatto impersonale, poiché seguire la Tradizione non limita mai le possibilità espressive del pittore: le sue particolarità individuali si manifestano tanto nella composizione quanto nel colore e nel disegno. Ma tutto ciò che è personale si manifesta qui con molta più sottigliezza che nelle altre arti pittoriche e può rimanere nascosto ad uno sguardo superficiale. Tuttavia, ormai da molto tempo si è constatato come non esistano icone «gemelle»: in effetti non è possibile incontrare due icone rappresentanti il medesimo soggetto che presentino una completa affinità, salvo in alcuni casi attuali in cui si può parlare di vere e proprie copie. Le icone non vengono copiate, ma riprodotte e tali riproduzioni sono libere e ogni volta innovative.

Anche il cantore quindi non si limita a cantare in maniera ripetitiva gli stessi canti perché ogni volta che canta, esprime le sue particolarità individuali e ogni volta il canto sarà diverso.

La cosa più importante quindi è cantare con impegno perché è l’espressività del canto che aiuta la preghiera dei fedeli e avvicina chi è lontano: è questa la novità che dobbiamo cercare di inserire nei canti, cioè amore e dedizione per il Signore e per gli altri.

2 commenti a Cantare la Liturgia in modo nuovo

Giampaolo Visioli ha detto:

Ciao. Condivido queste riflessioni che hai scritto. Si può anche innovare, senza particolari limiti; se non trovare comunque un nuovo equilibrio e armonia efficaci che aggiungano al cammino già fatto dalla tradizione nuovi passi che lo allungano.

lorenza ha detto:

Ciao! Ti ringrazio per il commento.
Io penso che sia corretto aggiungere qualche canto al repertorio, ma occorre valutare per bene ogni canto perché deve essere valido sia musicalmente che teologicamente ed essere adatto alla Liturgia.
Domenica scorsa, quando ho detto al nostro ottimo organista che sto leggendo un libro di musica e teologia, scritto però da un protestante, lui mi ha detto che i protestanti, prima di utilizzare un nuovo canto, lo esaminano a fondo per essere certi che rispetti le regole. Penso che sia un compito che gli addetti al canto liturgico debbano sempre fare. 🙂

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