Chiesa di San Michele all’Alpe, Porto Valtravaglia (VA)

 

Nel comune di Porto Valtravaglia, a 822 metri sul livello del mare, si trova la chiesa romanica San Michele all’Alpe.
Il panorama è stupendo perché si possono ammirare il lago Maggiore e le montagne.

La chiesa è stata costruita nel X-XI secolo. Si sono conservati alcuni interessanti affreschi del XII e del 1517.

E’ a navata unica, l’abside è rivolta ad est, la volta è a crociera, le mura sono in pietra. Esternamente si vede che le pietre sono ben allineate e a spina di pesce, le finestrelle dell’abside sono state chiuse.

 

Gli affreschi (tranne quello della Madonna del Latte) erano coperti da intonaci e sono stati riportati alla luce con il restauro del 2000-2005.

Entrando nelle chiesa, a sinistra si può ammirare una Madonna del Latte in trono tra San Bernardo e Sant’Antonio, opera del pittore Guglielmo da Montegrino. Il committente è Angelo da Ligurno.

Sulla parete di destra si vedono i resti di una scena che potrebbe essere il sacrificio di Isacco. In alto si vede un volto quasi scomparso, forse  Dio Padre.

Proseguendo verso l’altare, a sinistra c’è un affresco risalente al XII secolo in cui è rappresentato San Michele Arcangelo (quello più a destra riconoscibile per l’iscrizione) seguito da altri due angeli. Un offerente con vicino la scritta “Dominvs cvsstos” tocca con la mano il piede di San Michele, gesto di omaggio feudale.

Sulla destra la nicchia è murata.

La volta dell’abside è azzurra con delle stelle. Sulle pareti dell’abside si vedono solo alcune parti di ciò che la decorava, cioè una divina Maestà al centro con i simboli degli Evangelisti ai lati, sotto i dodici apostoli e un velario.

Il velario è sulla parte bassa di tutta la chiesa.

Nella  controfacciata sono stati dipinti Sant’Ambrogio (con le orecchie a sventola e imberbe, come nelle rappresentazioni più antiche, come il Sacello di San Vittore in Ciel d’Oro a Milano), un altro santo e due angeli soprastanti.

 

La sacrestia è stata costruita dopo il 1854 e il campanile è stato costruito nel 1857.

 

Ho preso le informazioni dal foglio a disposizione nella chiesa (è un estratto da “Loci Travaliae”, vol. XIII, edito dal Comune di Porto Valtravaglia) e dalle descrizione presenti su di due cartelli presenti sul posto.

 

CARTELLO DAVANTI ALLA CHIESA

Comune di Porto Valtravaglia
CHIESA DI S. MICHELE
Antica chiesa d’alpe del X – XI se. in stile romanico.
Conserva un prezioso ciclo di affreschi: la Madonna in trono con S. Antonio abate e S. Bernardo, opera di Guglielmo da Montegrino (21 agosto 1517); S. Michele con angeli e l’offerente Dominicus Cusstos che si fa risalire al XII sec. Altri affreschi sono in controfacciata (San Michele e S. Ambrogio) e sulle pareti (Abramo e Isacco) e un interessante velario che circonda tutto l’interno. Fu restaurata dalla parrocchia di Domo con i contributi della Regione, della Provincia e del Comune negli anni 2000 – 2005.

 

CARTELLO SUL RETRO DELLA CHIESA

San Michele, tracce longobarde
Nel IV° secolo in virtù dell’opera apostolica di San Patrizio, San Brendano e Santa Brigida, l’Irlanda divenne un vivaio di cristiani austeri, retti e animosi, perciò, nei secoli successivi, quando in Italia il popolo, sottomesso agli interessi delle potenti famiglie romane, subiva ricatti e si moltiplicavano sia le devianze che le eresie, i missionari irlandesi decisero di “ri-cristianizzare” l’Europa.
Fu la cosiddetta “diàspora” irlandese in Europa. Questi irlandesi erano tutti monaci di un ascetismo duro che si rifaceva ad uno dei padri della Chiesa: Sant’Antonio Abate. Benché aventi differenti tradizioni, costumi e riti di carattere locale, i missionari irlandesi portavano con sé la purezza del Vangelo, moltissimi sono i Santi appartenenti alla diàspora irlandese scesi in Italia.
Nel 610 uno di essi, San Colombano, costretto a fuggire dalla Francia coi suoi seguaci, giunse a Milano e sotto protezione de re longobardo Agilulfo, costituì un gran numero di eremitaggi dove insediò i suoi monaci e da cui si svilupparono più tardi importanti centri ecclesiastici. I Longobardi erano una popolazione germanica, che dopo lunghe migrazioni giunse in Ungheria. Nel 568 il loro re Alboino li guidò in Italia, essendo ottimo condottiero, con una guerra lampo conquistò il Veneto e la Lombardia.
Nel 580 i longobardi avevano ormai occupato gran parte dell’Italia formando un solido stato. Il re elettivo era la suprema autorità, egli si consultava sempre con l’assemblea degli uomini liberi (Arimanni).
Il regno longobardo era costituito da province divise in Fare a loro volte suddivise in Arimannie, le quali erano composte da gruppi famigliari legati alle terre coltivate, ai boschi e ai pascoli: i “Gau”. Vi erano poi i ducati con sede nelle principali città denominati “Cives”.
Il re nominava i “Gastaldi”, giudici incaricati anche dell’esazione delle imposte. Per i longobardi, l’Alpe San Michele era un Gau d’alpeggio composto da rustiche fattorie di capanne. Probabilmente qui si insediò uno dei monaci di San Colombano, prima in una grotta nelle vicinanze dove anni fa furono rinvenute alcune ceramiche e strumenti del VI°-VII° secolo d.C., quindi con l’aiuto dei locali si iniziò a costruire una cappelletta.
Alcuni punti “a spina di pesce” rimasti nella muratura testimoniano la manovalanza longobarda, mentre la croce celtica con cui a quei tempi fu esorcizzato il “Masso di S. Michele” suggerisce la presenza irlandese. Trent’anni fa fu trovata una antica sepoltura contro il muro settentrionale della chiesa: poteva essere di uno dei monaci originali?
San Michele, arcangelo guerriero armato di spada, combattente accanito contro il demonio e secondo antiche tradizioni giudice delle anime dei morti, adorato sia dai cattolici che dagli ariani, era il santo protettore della razza longobarda. La dedicazione è una controprova dell’antichità dell’edificio religioso.
Cerchiamo di comprendere i motivi dell’insediamento religioso: la presenza in loco di uomini di religione ariana o pagana ed il desiderio di convertirli alla fede cattolica, possono essere all’origine della chiesetta.
Nel X° secolo divenne un oratorio dove era chiamato a celebrare un sacerdote ordinato completo, dietro specifico compenso. A quel tempo l’alpe coi suoi abitanti passò all’Arcivescovo di Milano, signore della castellanza di Travaglia, più tardi vi fu la presenza del monastero pavese di S. Pietro in Ciel d’Oro. Il Dominus religioso o laico cui competeva la giurisdizione, aveva l’obbligo di preoccuparsi dell’anima dei suoi servi e doveva quindi mettere a disposizione l’officiante per la chiesetta.
Nel XIII° secolo la chiesa era al centro di fondi rustici a prato, minuziosamente protetti da abusi estranei e regolati per l’uso degli affittuari da qui si traeva un “beneficio” con cui mantenere un custode fisso della chiesa; un affresco del XII° secolo è dedicato al patrono MICHAEL da DOMINICVS CVSSTOS, effigiato in atto d’omaggio. Questo Domenico era un Custos (custode) monaco o converso, personaggio di qualche rango se poteva permettersi la spesa dell’affresco. Più tardi S. Michele finì per rientrare nella parrocchia di Domo. Doveva avere una particolare importanza evidenziata dalla singolarità d’una chiesetta alpestre che possedeva una inconsueta copertura a volte e un ricco apparato di affreschi continuamente arricchiti sino al 1500. La chiesa era il luogo del sacro, non solo per le funzioni religiose ma reso sensibile per la mentalità d’allora, da immagini affrescate, cere votive, lampade accese. Qui trovavano sollievo paure antiche per i fulmini, orsi e lupi annidati nei boschi, la violenza dei briganti, il timore di incombenti flagelli, l’ansia quotidiana del pericolo per persone e animali, su questa terra dura e aspra da cui a fatica si traeva ogni possibile frutto. Questa protezione era garantita da un altro affresco che reca l’immagine di San Bernardo da Mentone protettore dai rischi della montagna selvaggia, che tiene incatenato un diavolaccio.
Nel 1569 fu notato lo stato degradato dell’edificio, e l’uso profano che se ne faceva, come rifugio di pastori e animali; rischiò addirittura d’incendiarsi quando fu usato come deposito di carbone.
La chiesa restò in stato di abbandono fino al 1698.

 


Madonna del Latte

 


Sacrificio di Isacco

 


San Michele con altri due angeli e offerente

 


Velario

 


Nicchia murata

 


Abside – Volta


Abside – particolari

 


Sant’Ambrogio

 


Angeli della controfacciata

 

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